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L`Alpe Loccia e le miniere di ferro della Frera
Chesio, come altri paesi della Valle, cominciò ad esistere come alpeggio frequentato da alcuni coloni di Ornavasso e poi dai vicini abitanti di Luzzogno ma solo nella stagione estiva.
Tra le prime famiglie stabilitesi permanentemente a Chesio ci furono gli Job ed i Gianoli, non esistono documenti in merito, ma se prendiamo come riferimento il periodo della migrazione dei Gianoli dalla Valtellina alla Valsesia (1250 -1300), possiamo ipotizzare una data compresa tra il 1300 e il 1400. Ma il documento più antico al quale fa riferimento Felice Cane riguarda proprio l`Alpe Loccia: Il fatto più antico di Chesio, di cui si conserva memoria in documenti, è una sentenza arbitrale datasi in Omegna il 4 agosto 1453, per definire una questione di confine sorta fra Chesio, Luzzogno, Massiola e Loreglia, relativa all`Alpe Loccia.
Pare tuttavia che la sentenza arbitrale non abbia pacificato gli animi poiché sorsero nuove liti assai dispendiose. Chesio, che era il più interessato ad avere il pacifico possesso dell`Alpe, provocò un altro e definitivo atto di accordo e transazione che pose termine ad ogni questione.
L`atto fu stipulato il 14 settembre 1577 dal notaio Robino Zanoia di Omegna. Ad istanza di quelli di Chesio si stabilì che i confini convenuti fossero indicati da grosse croci da scolpirsi su massi di pietra sporgenti dal terreno intorno all`Alpe.
L`inizio dello sfruttamento di minerale ferroso in località Frera, a monte dell`Alpe Loccia, si perde nella notte dei tempi. Senza escludere la possibilità che questo sito fosse già conosciuto e sfruttato in epoca preistorica, è possibile che l`attività estrattiva sia iniziata ad opera della famiglia Gianoli, proprietaria dell`alpeggio. Provenienti quasi certamente dalla località Piana di Campertogno, in Valsesia.
Secondo Felice Cane, il ceppo più antico dei Gianoli sarebbe disceso dal paese di Lanzada in valle Malenco (Valtellina), passando per Sondrio e per Milano, approdando infine in Valsesia tra il 1250 e il 1300. A Lanzada vi è una via Gianoli ed una frazione detta pure Gianoli. Vi si fa un discreto commercio di vasi da cucina detti laveggi... essendovi in quella regione cave di pietra ollare...Questo confermerebbe la tradizione vigente a Chesio che i Gianoli esercirono sempre cave e miniere.
Dell`attività estrattiva l`autore non riferisce altro, sicuramente questa subisce un`accelerazione con l`arrivo dei Cane a Chesio. Di questa famiglia, Felice Cane traccia una diligente e fortunata ricerca. Originari della Val Polcevera, presso Genova, compaiono negli antichi documenti liguri intorno al 1100; due rami della famiglia si spostano, in quel secolo, in Lomellina e nel Monferrato, da dove vengono però cacciati intorno al 1358. Essi ripararono sulle terre dei Visconti di Milano, avviandosi per tal modo verso il Novarese...a poco a poco essi giunsero poi verso l`Ossola e pare appunto nel periodo della maggior fortuna di Facino Cane (famoso condottiero di ventura) quando le valli ossolane erano cadute sotto il suo dominio. I Cane approfittarono dell`occasione per recarsi in Valle Anzasca dove si resero padroni di una delle miniere d`oro colà esistenti e ancor oggi conosciute sotto il nome di Miniere dei Cani. Con la morte di Facino Cane e del duca di Milano Giovanni Maria Visconti, nel 1412, le fortune dei Cane si avviano verso un inevitabile declino: perso l`appoggio politico i valligiani si sollevano e scacciano la ricca e potente famiglia. In fine, abbandonata l`Ossola, alcuni si ritirarono sul Bergamasco e in Valtellina e altri più numerosi a Chesio nella Valle Strona, verso l`anno 1425.
E` dunque probabile che i Cane, stabilitisi definitivamente a Chesio e nella vicina Loreglia, abbiano fin da subito messo a frutto la loro esperienza abilissimi nel condurre lavori di scavo e nel trattare il minerale a fuoco e si siano messi in società con i Gianoli o abbiano ottenuto da questi ultimi una concessione per sfruttare la miniera della Frera. L`estrazione del minerale è continuata fino all`esaurimento del filone avvenuto presumibilmente nel corso del 1600.
Verso la fine del 1600 alcuni Cane si recarono a Torino, seguiti quasi subito da Giovanni Gianoli insieme con due suoi cugini. Questi, unitisi in società con i Cane, fecero rapida fortuna, specialmente con un grandioso negozio di ferramenta, alimentata da una fonderia di ferro che i Gianoli esercivano in Val Brosso (Val Chiusella, circondario d`Ivrea). Pare che la miniera della Frera sia stata abbandonata per lo scarso prodotto e le difficoltà dei trasporti. Ad ogni modo, il credito del negozio in ferramenta Gianoli e Cane di Torino salì così alto che ottenne il privilegio di essere annoverato fra i provveditori del principe Amedeo di Savoia con onorifico brevetto in data 8 agosto 1715.
Dopo oltre 300 anni di inattività, rimane poco dell`antica miniera. Dilavate le scorie, il pascolo ha ricoperto le tracce dei minatori lasciando solo un ingresso franato. Ora che anche l`ultimo pastore, pochi anni fa, ha scaricato l`alpeggio per l`ultima volta, la Frera è diventato un luogo silenzioso e suggestivo, ricco di spunti per far volare i ricordi e la fantasia.
Testo liberamente tratto da Storia di Chesio e cenni storici della Valle Strona di Felice Giulio Cane, anno 1907, a cura di Giovanni Crippa. Vedi anche in MUVI.
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