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Alla scoperta delle Alte Vie
 

ALLA SCOPERTA DELLE ALTE VIE

INTERVISTA
al Signor Igino Nicolazzi
di Quarna Sotto

Oggi i centri urbani sono il luogo di maggior concentrazione delle persone, impegnate in attività varie di studio, di lavoro, di commercio, oppure alla ricerca di occasioni di svago. In passato invece i luoghi privilegiati di incontro e di relazione erano situati ad alta quota.

In cima alle montagne, lungo i sentieri, sugli alpeggi si conosceva gente nuova, si trattavano affari, si facevano feste, si stringevano amicizie, si salutava chi partiva e si attendeva chi doveva ritornare a casa.

Ai primi segni della primavera, nei paesi di montagna, le famiglie si scomponevano e i membri prendevano strade diverse.
I giovani uomini prendevano la via dell’emigrazione, come muratori, carpentieri, artigiani, mettendo le loro braccia e il loro ingegno al servizio di nazioni straniere, la Francio, la Svizzera, la Germania.

Le giovani donne e i bambini restavano in paese per badare alla casa, per coltivare i campi, per fare scorta di legna da bruciare, di foglie con cui rifare i pagliericci, di fieno per le bestie, per fare scorta di legna da bruciare, di foglie con cui rifare i pagliericci, di fieno per le bestie, per vendere e acquistare il necessario alla sopravvivenza. Frequenti erano i loro spostamenti dal paese ai boschi, ai prati, agli alpeggi e al mercato con pesanti fardelli da portare.

I vecchi e i ragazzi con le mandrie risalivano a poco a poco le montagne, occupando e sfruttando prima le cascine poste a mezza montagna e poi nel pieno dell’estate gli alti pascoli, per ridiscendere a valle in autunno con la stessa gradualità, in modo da arrivare a casa e riunire tutta la famiglia prima di Natale.

I piccoli addetti al pascolo dovevano seguire gli animali fuori da ogni sentiero, spesso in luoghi impervi e dirupati, dovevano tenerli d’occhio, andarli a cercare se si allontanavano, radunarli a sera e ricondurli all’alpe per la mungitura.

Gli anziani si occupavano della pulizia della casera, della lavorazione del latte, della preparazione dei pasti. Se accadeva che qualcuno stesse male, non c’erano cure o farmaci all’infuori di un pizzico di caffè e di una manciata di zucchero, custoditi gelosamente come un toccasana con l’obbligo morale di riconsegnarli alla famiglia nel caso in cui per buona sorte non fossero stati necessari.

Le vie della montagna erano percorse oltre che in forma solitaria da gruppi di persone, che si mettevano in viaggio per partecipare a feste e a pellegrinaggi.

Varallo Sesia era un luogo di forte richiamo religioso. Ogni anno, il lunedì seguente la celebrazione cristiana della Pentecoste, vi si svolgeva la Festa dell’Incoronata. Da Quarna numerosi fedeli si incamminavano già dal giorno precedente e in circa quattro ore, attraverso il passo del Vanghetto, raggiungevano la Valle Sesia. Dopo il pernottamento presso l’ospizio del pellegrino0 al Sacro Monte, la partecipazione alla messa e alla solenne processione, riprendevano la via del ritorno.

Gli abitanti della Valle Strona giungevano a Varallo per altra via, attraverso il cosiddetto Sentiero del Viandante, che era in collegamento diretto con Foriero e con Sambughetto.
Spesso la gente approfittava della venuta in città per fare acquisti inconsueti: pedule valsesiane, tessuto e decorazioni per il costume, funi metalliche per le teleferiche e attrezzi da lavoro.
I sentieri, le mulattiere, i valichi alpini portano ancora oggi i segni del passaggio delle passate generazioni, riconoscibili nelle lastricature delle vie più frequentate, nei massi picconati, nelle scalette scavate nella roccia, nei punti tradizionalmente destinati alla “posa”, nelle pietre levigate dal passaggio e, quando sembra scomparsa ogni traccia, dalla sagoma degli alberelli e degli arbusti cresciuti nei punti di passaggio ma curiosamente incurvati al piede.


Intervista realizzata dagli alunni della 3a di Cireggio nell`ambito del progetto Adesso ti racconto di un lago (2004). Per richiedere la pubblicazione tel. 0323.89622


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